documentario, Italia 2016, 68’, colore
regia di Nika Šaravanja e Alessandro d’Emilia

Dusk Chorus – Based on Fragments of Extinction  by David Monacchi

Premio CiAl, miglior documentario italiano, Cinemambiente Torino 2017

Un viaggio sonoro unico, nel cuore della foresta amazzonica, in Ecuador. Un'esperienza sensoriale, poestica e scientifica allo stesso tempo, guidati dal ricercatore e compositore eco-acustico David Monacchi nel tentativo di registrare, per la prima volta in 3D, il patrimonio acustico di un ecosistema antico, e ricchissimo di specie alla scoperta dei "frammenti sonori in via d'estinzione".



Dusk chorus” rappresenta un raro esempio di come l’ambiente possa essere raccontato anche attraverso i suoni. Girato in Ecuador nel 2016, nel cuore della foresta amazzonica, da una coppia di giovani registi Nika Šaravanja e Alessandro d’Emilia, “Dusk Chorus” è un viaggio sonoro unico, in cui viene registrato in 3D, per la prima volta, il patrimonio acustico di un ecosistema millenario. Il film prende le mosse dal progetto multidisciplinare Fragments of extinction del ricercatore e compositore eco-acustico David Monacchi, l’uomo solo che abbiamo visto fronteggiare la foresta nella notte, che dal 2001 registra i suoni dei più antichi e intatti ecosistemi, principalmente localizzati nelle foreste equatoriali primarie. Il progetto ha portato Monacchi, zaino in spalla e con le sue apparecchiature, in campagne di registrazioni sul campo in tre diversi continenti, nel corso delle quali ha raccolto e analizzato dati sui diversi ecosistemi sonori, realizzato studi e composizioni musicali elettroacustiche.

Dusk chorus” è quindi il primo documentario a raccontare gli ecosuoni di un’area chiave dell’Amazzonia: il parco naturale dello Yasuni, dove secondo recenti studi è custodita la più alta biodiversità del pianeta.

«Il primo nodo che abbiamo dovuto affrontare – confida Nika Šaravanja – è stato quello di avvicinarci al progetto avendo chiaro in mente che non volevamo realizzare un’opera che fosse solamente la descrizione del lavoro di David. Abbiamo cercato di raccontare attraverso le immagini i suoni di un luogo unico. Il nostro obiettivo era anche di restituirne la bellezza». Il risultato finale è quello di un’esperienza sensoriale, immersiva negli spazi e nei suoni. Poesia e scienza allo stesso tempo.

Un viaggio non privo di difficoltà, come racconta Alessandro d’Emilia, che del documentario è stato anche direttore della fotografia: «Devo confessare che il rapporto con la foresta non è stato facile. Sono passato da un iniziale senso di sicurezza a uno stato di tensione crescente perché mi rendevo conto che eravamo dentro un mondo di cui sentivo i suoni, il respiro, ma che non ero in grado di vedere e capire. Devo riconoscere che vedere la calma di David, che aveva già maturato una grande esperienza in habitat simili, ci ha aiutati non poco».

La piccola squadra, solo tre persone, ha allestito set in luoghi impervi restando a lungo immobili, in piedi e in silenzio per non alterare l’ecosistema acustico e con l’estremo obiettivo di realizzare una registrazione continua per 24 ore e oltre, priva di qualsiasi suono prodotto dall’uomo. Un’impresa non facile da realizzare quando sei assalito da zanzare o quando ti vedi passare vicino dei serpenti o ragni dall’aspetto poco rassicurante. «I suoni che si sentono nel documentario sono stati tutti registrati originariamente, è un surround nativo e nulla è stato montato in post produzione – tiene a precisare David Monacchi – L’obiettivo del progetto “Fragments of extinction” è quello di registrare l’impronta sonora di un ecosistema a rischio e anche di sottolineare come stiamo attraversando una fase di estinzione di massa che non sembra interessare nessuno».