documentario, GB/Canada, 2015, 109’, colore
regia di Jerry Rothwell
lingua originale

Premio del pubblico a Cinemambiente di Torino 2015

Nel 1971 un gruppo di amici ha veleggiato in una zona di test nucleari e la loro protesta ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica in tutto il mondo: è la nascita di
Greenpeace e del movimento ambientalista moderno. Utilizzando il materiale d’archivio e l’impertinente narrazione di Robert Hunter, una delle prime guide dell’organizzazione, Jerry Rothwell ha realizzato un avvincente film, che è anche una toccante riflessione sullo sforzo per bilanciare la sfera politica con quella personale.

 

UNA RECENSIONE
Come si cambia il mondo? Da dove si può partire e come si deve procedere per trasmettere al mondo il proprio messaggio, arrivando a spingere all’azione persone che condividono gli stessi ideali?

How to Change the World di Jerry Rothwell, racconta una storia che è al tempo stesso un tentativo riuscito di rispondere a questi annosi interrogativi.

Il film, che ha vinto tra gli altri il premio World Doc Special Jury Award al Sundance 2015, è un montaggio di materiale di repertorio inedito, anni e anni di riprese che testimoniano le vicende di un gruppo di amici che negli anni Settanta ha cominciato veleggiando in segno di protesta in una zona di test nucleari negli Stati Uniti, e che oggi è diventata l’organizzazione universalmente conosciuta con il nome di Greenpeace.

Esperti comunicatori e consapevoli della potenza delle immagini, questi pionieri hanno filmato fin dall’inizio, nel 1971, le loro azioni dimostrative: è l’origine, documentata e impressa su pellicola, dell’ambientalismo moderno. Utilizzando materiale d’archivio e interviste ai carismatici protagonisti, Jerry Rothwell ha realizzato un documentario che si fa portatore di una profonda riflessione sull’enorme sforzo necessario a bilanciare la sfera politica con quella personale.

La storia è incorniciata dalla narrazione in prima persona di Robert Hunter, giornalista irriverente e una delle prime guide dell’organizzazione che, attraverso azioni, scelte e contraddizioni, disegna un ritratto intimo dei membri originari del gruppo, eterogeneo fino a comprendere indiscriminatamente scienziati e musicisti hippie, e del loro stesso attivismo.

Scrive il regista in una nota: “Le riflessioni dei fondatori di Greenpeace sul loro passato ci parlano di dilemmi attorno all’ambientalismo, riferibili però a tutti i movimenti che puntano al cambiamento, e ci rivelano anche dilemmi legati al processo di crescere, di invecchiare: le tensioni tra l’idealismo giovanile, l’ego e il coraggio da un lato, e la maturità, il pragmatismo e le manovre politiche dall’altro. In un momento in cui dobbiamo affrontare problemi su scala globale, si spera che la storia di questo piccolo gruppo di persone possa farci riflettere non solo su come agire individualmente, ma anche collaborando fra noi”.

Un film da vedere, un’opportunità per conoscere da vicino la genesi di Greenpeace e -perché no- trovare nuovi spunti per provare a cambiare in meglio, ogni giorno un po’, il mondo che ci ospita.

Valentina Tibaldi

fonte: ehabitat.it