film - Francia 2021, 67’, colore
regia di Louis Garrel
Abel e Marianne vivono a Parigi e scoprono che il figlio Joseph ha venduto di nascosto i loro oggetti più preziosi. Una collezione di orologi vintage, un abito di Dior, dei libri antichi, anelli, cappotti, gemelli sono serviti a finanziare il domani del mondo. Joseph, tredici anni e un'anima militante, ha deciso di salvare il pianeta. Genitori moderni e comprensivi, Abel e Marianne si dispongono al dialogo. Abel non andrà oltre la raccolta differenziata, Marianne seguirà il sogno del figlio fino in Africa.
Sulla scia del suo precedente film, L'uomo fedele, con gli stessi personaggi, la stessa storia familiare e ponendo situazioni, problematiche e riflessioni diverse (nel caso del primo il tema centrale erano le relazioni sentimentali e i conflitti che esse pongono), Garrel propone un racconto fantasioso in cui si coniugano la riflessione sui diversi atteggiamenti che assumiamo nei confronti del problema del cambiamento climatico e le questioni collettive, il conflitto generazionale in relazione ad esso e il significato della maturità. Come succedeva in quel primo film di questo singolare ciclo, lo stesso Garrel e la sua compagna nella vita reale, l'attrice Laetitia Casta, interpretano la coppia borghese che rischia un infarto davanti alla macchinazione surreale del figlio (un divertente Joseph Engel), un ragazzino con la faccia da angelo ma piuttosto complesso e intelligente, che continuerà a usare quell'intelligenza per giocare le sue carte, e che, nonostante tutto, non può fare a meno di piacerci.
In linea con i film di Éric Rohmer e di altri registi come Hong Sang-soo, Garrel parte da storie semplici, piccole e vicine, incentrate sul rapporto tra i personaggi, per andare oltre la trama e approfondire la riflessione su temi diversi, tra le contraddizioni, i dilemmi e le questioni morali che queste pongono. Quella divertente sequenza di apertura è già una dichiarazione di cosa tratta il film; dello sfondo, delle problematiche che intende affrontare, ma anche della forma, del modo in cui le racconta, con senso dell'umorismo e libertà, giocando con il comico e il drammatico, il fantastico e il reale. E in quella narrazione e in quelle idee è molto presente l'influenza di Jean-Claude Carrière (il compianto co-sceneggiatore con Garrel, a cui il film è dedicato) e quella della generazione del padre del regista stesso (il regista Philippe Garrel), segnata dalla Nouvelle Vague e il 68.
In La crociata si riflette un idealismo e una malinconia debitori a quella generazione precedente. Una delle sue virtù sta nel saper raccontare e collegare queste diverse sensibilità: le possibilità poste dalle nuove generazioni e la messa in discussione della perdita di quell'idealismo con il passare del tempo. Tutto sommato, il film finisce per essere una favola divertente ed emozionante che, al di là del facile ed effimero attivismo e della morale ingenua, suscita una riflessione complessa e importante: se la vita che abbiamo e che abbiamo adottato è la vita che vogliamo.
Julia Olmo - Cineuropa - 18.01.2022
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