documentario, Italia 2015, 80', colore
regia di Gianluca Rossi

Premio  Miglior documentario italiano Cinemambiente 2015

Margherita è di origine calabrese ed è incinta di otto mesi. In crisi, decide di tornare nei luoghi dove affondano le sue radici e scopre che, sul sito di una fabbrica abbandonata, una società italosvizzera intende costruire una centrale a carbone da 1320 mega watt. Che ne sarà di quel luogo a cui si sente così legata? Quali saranno i rischi per la salute e le conseguenze ambientali? Inizia così a indagare il territorio e le sue contraddizioni, scoprendo di conoscerlo molto meno di quanto si aspettasse.

Ho scelto di raccontare la vicenda del progetto di costruzione della centrale a carbone di Saline Joniche cercando di evitare gli stereotipi del documentario di inchiesta e del reportage. E di leggerla, invece, attraverso uno sguardo personale, quasi diaristico, che ne facesse risaltare i risvolti e le ricadute nel vissuto umano, privato e collettivo.




UNA RECENSIONE
Il racconto di un viaggio nello spazio e nel tempo, tra ricordi di infanzia e un presente in esilio, distante dalle bellezze e dalle contraddizioni di una terra amata. Questa è la storia di Margherita, calabrese di sangue ma aostana di nascita e adozione, e del suo auspicato ritorno alle origini quando, incinta di otto mesi, decide di attraversare l’Italia per trascorrere l’ultimo periodo della gravidanza vicino al suo mare. Non sempre, però, le cose vanno come si vorrebbe: una volta giunta a destinazione, scopre che a Saline Joniche, sul sito di una fabbrica ormai abbandonata, una società italo-svizzera si propone di costruire una centrale a carbone.

Inizia così Mare Carbone, documentario di Gian Luca Rossi risultato vincitore a CinemAmbiente 2015, membro del Green Film Network, nella categoria Documentari Italiani. “Il progetto nasce dal desiderio di dare voce a una storia e a una terra che avevano l’urgenza di essere raccontate” ci rivela il regista. “La famiglia di mia moglie (Gian Luca Rossi è il marito di Margherita, NdR) è originaria di Melito di Porto Salvo (RC). La loro casa dista poche centinaia di metri dal sito dove la SEI intende (intendeva?) costruire la centrale a carbone di Saline Joniche. Io sono un filmmaker, il mio modo di far conoscere una vicenda è fare un film. A mio modo, cercando di raccontare una vicenda di interesse collettivo attraverso un punto di vista particolare. Facendo emergere, così, quanto le decisioni politiche ed economiche, spesso condotte con puro intento speculativo, possano avere ricadute importanti per la vita di tutti noi”.

Sono molti i paesaggi e i personaggi che si incontrano nel corso del documentario. E, allo stesso modo, sono molti gli interrogativi che sorgono spontanei mano a mano che la narrazione si trasforma in inchiesta: com’è possibile che si voglia costruire un simile impianto a pochi passi da lidi turistici e balneari? Quali sarebbero i rischi per la salute, il territorio e quali le conseguenze ambientali?

“Riflettere sulle tematiche ambientali è oggi più che mai importante. Dobbiamo tutti intraprendere un cambiamento radicale, negli stili di vita e nella gestione delle risorse. Dobbiamo spingere chi è al potere a cambiare atteggiamento” prosegue Rossi. “Il cinema può – e deve – fare la sua parte. Io ho scelto di lasciare parlare le immagini, le voci, le storie di una realtà spesso ridotta al silenzio o gridata a squarcia voce nel clamore di una cronaca che non sa farsi memoria. Certo, poi servono anche orecchie capaci di ascoltare e canali di diffusione che spesso mancano. “Movies save the planet” era lo slogan di questa edizione di Cinemambiente. Non so se i film salvino il mondo, ma se sei un filmmaker è meglio credere che sia così, almeno un po‘”.


Mare Carbone mira, dunque, a rendere visibili le necessità di una terra oltraggiata, che vive quotidianamente la spaccatura tra quel che potrebbe essere e quel che è a causa dell’incuria e degli interessi economici di una classe dirigente indolente o corrotta.

Sullo schermo, conclude il regista: “passato e presente, memoria e quotidianità, natura e umanità di questi luoghi hanno preso corpo quasi da soli, indipendentemente da me, nell’universo visivo e sonoro di un film che ho vissuto come un atto d’amore, per una terra, per la Terra, per i miei figli”. E se nel settembre 2013 un referendum promosso nel cantone dei Grigioni, sede svizzera della SEI, ha espresso il dissenso dei cittadini verso il progetto, in Italia questa lotta collettiva dall’immensa posta in gioco continua tuttora e in mille modi: sui social, sul territorio e soprattutto in tribunale.

Valentina Tibaldi

fonte:
eHabitat