regia di Debra Granik
LA STORIA
Will (il bravissimo Ben Foster che parla poco, ma di cui capiamo ogni pensiero) è un ex veterano affetto da disturbo post-traumatico che vive in una foresta vicino Portland con la dinoccolata figlia di tredici anni Tom (l’attrice si chiama Thomasin McKenzie e quant’è caratteristico il suo faticoso modo di camminare). I loro contatti con la società sono ridotti al minimo, giusto per procurarsi del cibo in più e talvolta denaro, finché i servizi sociali non li costringeranno a vivere, lavorare e andare a scuola, presso una comunità dell’Oregon. Lui cerca di adattarsi ma con molte difficoltà. Lei invece è incuriosita da questo nuovo stile di vita. Tutto ciò influirà sul loro rapporto.
COMMENTI
Debra Granik racconta con stile semplice la storia di persone che cercano di vivere una vita a modo loro, andando controcorrente, rovesciando le regole della società. Lo fa senza voler giudicare niente e nessuno, partendo da un nucleo familiare ridotto all’osso e inserito in una situazione limite, che segue con uno sguardo quasi documentaristico.
Francesco Ruzzier - Cineforum
Tratto dal romanzo L’abandon di Peter Rock, Senza lasciare traccia è l’ottimo risultato di una lunga ricerca, l'esempio di un cinema capace di catturare l’immediatezza della scoperta e mostrare l’interazione e la dipendenza dei personaggi con i luoghi. O, al contrario, la loro estraneità quando si confrontano con il progresso.
Il padre di Thomasin rifiuta il telefono, nasconde la tv quando gli viene affidata la nuova abitazione. A volte il film sembra quasi un documentario per come segue i personaggi, per la ricchezza di elementi e dettagli nel raccontare la storia. Thomasin e il padre non appaiono figure etere, hanno una solida consistenza e una storia addosso che non ha importanza di essere rivelata.
Senza lasciare traccia è un film sensoriale, che fa sentire addosso il freddo e la paura; è un viaggio senza meta, dove due punti di vista complementari si modificano gradualmente; è un film capace di aspettare i suoi tempi, diretto, carico di calore non esibito.
Simone Emiliani - Sentieriselvaggi.it
Un film semplice e potente, che ci costringe a riflettere sull’opportunità e il diritto a una comunità “senza obblighi né sanzioni”. E nonostante la commozione per la scena cruciale, nonostante quanto possa essere contrario o incapace di emulare la decisione del protagonista, non riesco a non provare una profonda ammirazione, forse perfino invidia, per il coraggio che possiede chi lascia il sentiero tracciato dagli altri uomini e si addentra nel bosco, lontano dallo sguardo indiscreto della società e dalle lusinghe dei suoi feticci, scomparendo infine senza lasciare traccia.
Joe H. Lester - Comedonchisciotte.org
Sempre al Sundance Film Festival ottiene nel 2004 dei riconoscimenti per il suo primo lungometraggio Down to the Bone. Il suo secondo film Un gelido inverno (2010), basato sull'omonimo romanzo di Daniel Woodrell, ottiene numerosi riconoscimenti internazionali.Senza lasciare tr accia è il suo terzo lungometraggio.
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