documentario, Germania - Austria 2012, 94', colore
regia di Markus Imhoof
PRESENTAZIONE
La sindrome dello spopolamento degli alveari, riscontrata per la prima volta in Nord America alla fine del 2006 e che si è poi diffusa anche nei principali pasi europei, è un fenomeno ancora poco conosciuto che provoca l’improvvisa moria di intere colonie di api sul quale gli scienziati continuano a interrogarsi. Ma dalle conseguenze potenzialmente devastanti per l’intero equilibrio ecosistemico del pianeta. Grazie a un lavoro di ricerca durato oltre cinque anni, Markus Imhoof ci guida così alla scoperta di un insetto dalle sorprenderti caratteristiche, allevato per secoli dall’uomo e sempre più in pericolo a causa di fattori come l’uso di particolari pesticidi chimici in agricoltura.
More Than Honey è molto più che un'accativante studio animale, splendido nel suo utilizzo delle riprese macro. Con l'abilità di un detective, Markus Imhoof indaga sulle cause della scomparsa delle api e familiarizza lo spettatore con la loro vita sociale altamente complessa. Lui stesso discendente da una famiglia di apicoltori, la sua ricerca lo porta in giro per il mondo, dall'Europa alla Cina passando per l'Australia. Raggiunge sua figlia, che con suo marito studia il sistema immunitario delle api nella speranza di sviluppare una nuova razza che abbia maggiori possibilità di sopravvivenza.
INTERVISTA CON MARKUS IMHOOF
Cineuropa: Da nipote di un apicoltore lei è cresciuto con le api. Fare un film sulla scomparsa delle api per lei era una questione personale?
Markus Imhoof: Lavoravo da anni ad uno script su una frode senza mai arrivare alla fine, quando venne fuori la notizia della morte delle api. Mia figlia e mio genero sono scienziati delle api e mi informarono subito della cosa. Ho voluto fare questo film perché il tema è urgente: ecco perché le api mi hanno chiamato.
Come ha avuto accesso agli apicoltori?
Prima sono andato in Australia da mia figlia, che è collegata agli apicoltori di mezzo mondo. Questo mi ha aiutato molto, e per le mie ricerche ho viaggiato ovunque, portando con me solo una piccola videocamera Sony per fare delle foto, e parlando con vari apicoltori.
Gli apicoltori hanno approcci differenti? O alcuni vedono il miele solo come prodotto industriale?
L'apicoltore americano del mio film ama le api, fanno parte della sua tradizione familiare. Ma è anche un duro uomo d'affari e accetta di mandare le sue api su coltivazioni trattate con pesticidi. È interessante il fatto che sia consapevole delle conseguenze, ma non può sfuggire al circolo vizioso. Avere 70.000 km2 di alberi di mandorlo è l'approccio sbagliato, ma non possiamo aspettarci che li taglino per creare diversità genetica. È l'intero paese ad essere strutturato così, l'agricoltura è come una fabbrica. Sono i Tempi Moderni delle api. Ed è paradossale il fatto che le api sopravvivano meglio tra i fumi delle città che in una campagna pervasa di pesticidi. Nei parchi e nei cimiteri, l'ape trova cibo migliore che in campagna.
Com'è riuscito ad girare primi piani così intensi delle api?
Per le macroriprese, abbiamo creato un grande studio per le api a Vienna con 15 colonie di razze diverse. Per filmare ogni ape avevamo ben dieci persone. Per queste macroriprese abbiamo utilizzato una videocamera digitale ad alta velocità Phantom HD, che può girare a 300 fotogrammi al secondo per mostrare i movimenti delle api. Il problema con lo slow motion è che richiede molta luce. Non volevamo naturalmente bruciare le api né sciogliere la cera. Abbiamo quindi girato le scene all'esterno e lavorato con specchi che riflettevano la luce senza produrre troppo calore.
È stato difficile trovare un team che volesse lavorare con le api?
La troupe doveva avere alcune competenze: una era avere tempo, dato che il film è stato girato per due anni. Avevamo 70 giornate di riprese documentarie e 35 per le macroriprese in studio. Le macroriprese sono state fatte da Attila Boa, che aveva esperienza nel filmare le api e aveva costruito una speciale lente nella maschera della sua tuta protettiva. Il documentario è stato girato da Jörg Jeshel. Uno dei suoi primi compiti è stato filmare le api assassine in Arizona, che hanno attaccato immediatamente il suo naso.
Il pubblico guarderà alle api con occhio diverso dopo il suo film?
Era mia intenzione far nascere delle emozioni per le api con le macroriprese senza diventare kitsch. Voglio far crescere la curiosità affinché il pubblico si chieda chi è l'antagonista: l'uomo o le api. Non dovremmo accettare che il mondo diventi una fabbrica nella quale la natura non è altro che un nastro trasportatore.
Questa scheda didattica contiene dei materiali per una lezione sulle api legata alla visione del documentario. La scheda propone inoltre letture di articoli e libri su questi insetti impollinatori che svolgono un ruolo cruciale a favore della biodiversità e dell’agricoltura.
SCHEDA DIDATTICA
È ormai universalmente riconosciuto che la conservazione della biodiversità è fondamentale per l’evoluzione e l’adattamento dei viventi ad un mondo che cambia e purtroppo è anche risaputo che tale biodiversità è continuamente minacciata.
Le api e gli altri insetti impollinatori svolgono un ruolo cruciale a favore della biodiversità e dell’agricoltura. Sono fondamentali per il nostro sistema alimentare, impollinando le colture che diventano poi cibo sulle nostre tavole.
Senza le api, un gran numero di specie di piante selvatiche e coltivate non esisterebbe più. Secondo la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), ben 71 delle circa 100 specie di colture che forniscono il 90% del cibo nel mondo sono impollinate dalle api.
Salvare le api diventa un imperativo ecologico non più rinviabile.
Questa scheda contiene dei materiali per una lezione sulle api, a partire dalla visione del docufilm "Un mondo in pericolo".
Questo materiale è stato utilizzato nelle classi terze della scuola media, ma può essere utilizzato anche per le scuole superiori.
OBIETTIVI
L’obiettivo generale è aumentare la comprensione del valore del capitale naturale e dei servizi ecosistemici forniti dagli insetti impollinatori e il loro ruolo per la nostra economia e per la valutazione della qualità dell’ambiente.
In particolare:
- conoscere il mondo delle api;
- sapere che cos’è la biodiversità;
- saper inserire le api in un contesto di ecosistema.
- riconoscere l’utilità dell’ape in un contesto ecosistemico e saper applicare tale ruolo agli altri esseri viventi.
- sensibilizzare gli alunni sulle cause del declino delle api dovuto all’inquinamento dell’ambiente, ai cambiamenti climatici e all’uso dei pesticidi in agricoltura.
IN CLASSE
Esercizi durante la proiezione: Prendete dei fogli e una penna; prendete degli appunti durante il film, poi rispondete alle domande seguenti:
Cosa hai imparato di nuovo sulle api durante il film?
Quali sono le domande poste dal film sulle api?
Cosa critica il film?
Hai notato l’utilizzo di effetti speciale nel modo in cui è costruito il film?
Puoi citare i paesi e i continenti nei quali è stato realizzato il film?
Puoi citare i personaggi principali del film?
Qual è il rapporto personale del regista nei confronti delle api?
Dopo la proiezione, invitando tutti gli studenti ad intervenire, ecco alcune domande che potranno poi essere oggetto di una verifica:
Qual è la scena o il dato che più ti ha colpito?
Cosa hai imparato di nuovo sulle api durante il film?
Quali sono le domande poste dal film sulle api?
Cosa critica il film?
Oppure vai all’intera scheda didattica del film.
Per leggere e scaricare il PDF CLICCA QUI
IL FILM
La trama
Risulta almeno curioso sapere che un terzo di ciò che mangiamo non esisterebbe senza il lavoro delle api. Coadiuvato da un’avanzata tecnologia di ripresa, il regista svizzero Markus Imhoof ci guida in un viaggio intorno al mondo dal quale emerge l’importanza di quest’insetto che, oltre al ruolo diretto nella produzione del miele, ha il compito di impollinare fiori e piante. Dalla visita ad un apicoltore delle Alpi svizzere alla Cina, dall’America a una minuscola isola in cui si spera che una nuova razza metta fine alla loro lenta agonia, il film informa su un problema di schiacciante attualità. «Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero più di quattro anni di vita», suona in maniera davvero cupa la celebre frase attribuita ad Albert Einstein, soprattutto a fronte del fatto che Un mondo in pericolo mette in allerta su una spaventosa emergenza ambientale, fornendo dati precisi e intervistando chi lavora in questo delicato campo.
Il regista Markus Imhoof
Markus Imhoof (Winterthur – Cantone Svizzero, 1941), ha esordito all’inizio degli anni ’70 come regista televisivo. Nel 1982, il suo primo lungometraggio per il cinema, La barca è piena, ha vinto l’Orso d’argento al festival di Berlino ed è stato candidato all’Oscar nella categoria miglior film straniero. Fra il 1986 e il 1997 ha diretto altri tre film, Die Reise, Der Berg, Flammen im Paradies, tutti inediti in Italia.
Commento del regista
«Il mio film vuole essere certamente un accorato grido di allarme, ma anche un ammirato omaggio alla perfezione del sistema in cui vivono questi straordinari insetti che sono le api, ai meccanismi che sono alla base di una vera e propria società scandita dal lavoro e dal controllo, insomma alla bellezza della natura.»
Parliamo di... contenuti
Un mondo in pericolo non è solo un altro film su quell’evento mediatico ed estremamente attuale che è la moria delle api. Questo documentario racconta della vita sul nostro pianeta, degli uomini e degli animali, dello zelo e dell’avidità, dei rischi enormi insiti in una crescita sempre più incontrollata nel nome del profitto.
Non Solo Miele. Un mondo in pericolo, Markus Imhoof, Claus-Peter Lieckfeld, Xenia, 2020, pag.214
Un terzo di quello che mangiamo non esisterebbe senza il lavoro delle api.
Può sembrare un'affermazione eccessiva, ma non è così. Senza l'azione delle api impollinatrici il ciclo naturale della fecondazione non potrebbe avvenire. Per questo la vita dell'uomo è da secoli legata alla presenza delle api.
Ma adesso le api stanno scomparendo, muoiono. Eppure questa scomparsa delle api, che minaccia l'alimentazione mondiale, non dipende da nulla di misterioso, non è legata a una catastrofe naturale: le api muoiono a causa dei pesticidi, a causa dell'iperselezione, a causa dei parassiti che si sono moltiplicati per l'intervento dell'uomo.
In questo libro, il regista Markus Imhoof, insieme al giornalista Claus-Peter Lieckfeld, ci guida in un viaggio che, seguendo le tracce delle api, ci porta dalle Alpi svizzere alle distese agricole americane, ai laboratori più avanzati nella ricerca naturale, alla Cina e alle terre irrimediabilmente modificate dalle monoculture.
Una documentazione unica e drammatica dell'evoluzione che rischia di cambiare in modo radicale le condizioni di vita dell'uomo. E non certo in meglio.
Il libro è accompagnato dal DVD del documentario Un mondo in pericolo (More Than Honey).
Il film documentario Un mondo in pericolo (titolo originale: More Than Honey), che racconta visivamente il viaggio nel mondo delle api narrato nel libro, è stato scelto per rappresentare la Svizzera agli Oscar 2014 come miglior film straniero.
Non solo miele. Un viaggio alla ricerca della chiave per salvare le api
di Elisabetta Scuri
Fonte: Lifegate.it - 18 dicembre 2020
“Non solo miele. Un mondo in pericolo” è il libro che racconta il viaggio del regista svizzero Markus Imhoof nel mondo delle api. Lo abbiamo intervistato.
“Sarebbe una catastrofe se il rapporto secolare tra uomo e ape si trasformasse in una guerra tra civiltà e natura”. È l’avvertimento contenuto nella prefazione di Non solo miele. Un mondo in pericolo di Markus Imhoof, regista svizzero, e Claus-Peter Lieckfeld, giornalista tedesco. In questo libro, edito da Xenia, viene raccontato a parole quello che il documentario Un mondo in pericolo – More than honey – aveva mostrato visivamente nel 2012.
Un viaggio alla scoperta delle varie tecniche di apicoltura nel mondo, per incontrare chi alle api ha dedicato la propria vita. Personaggi singolari e memorabili, molto diversi tra loro ma tutti accomunati dalla stessa passione. Una sorta di pellegrinaggio per comprendere questi insetti fondamentali per la nostra sopravvivenza, che non solo hanno un cervello affascinante, ma anche uno straordinario senso dell’orientamento e un’ottima capacità di navigazione, insieme a strabilianti prestazioni di volo – tanto che i dettagli della loro membrana alare sono oggetto di studio da parte degli scienziati nel campo della bionica. Sono creature in grado di imparare dalle esperienze individuali e la loro fatata relazione con le piante, fatta di colori e profumi, è iniziata almeno 130 milioni di anni fa. Riescono a volare ad alta velocità grazie alle caratteristiche uniche dei loro occhi. Pensate che l’organo di Johnson contenuto nelle antenne misura la pressione atmosferica, per capire quando è necessario cambiare la posizione delle ali o la frequenza dei battiti. E non è finita qui: per trasmettere informazioni utili alle loro colleghe, le api danzano. Ma non vogliamo svelarvi ulteriori dettagli.
Conoscere questi insetti e i segreti di chi quotidianamente se ne prende cura è la chiave per proteggerli da quelle che nel volume vengono chiamate “le tre p”: pesticidi, parassiti e perdita di habitat. È affascinante ed inquietante rendersi conto della ragione per cui le api sono così vulnerabili ai pesticidi: è perché le piante non hanno alcun motivo di allontanarle, anzi, senza di loro non potrebbero riprodursi. Per questo nei fiori non c’è alcun tipo di veleno, che invece può essere prodotto dagli altri apparati dell’organismo vegetale. Quindi le api non conoscevano veleni, prima che l’uomo ci mettesse lo zampino. Per evitare che una collaborazione secolare si trasformi in guerra, bisogna agire in fretta.
Ne parliamo con Markus Imhoof.
Il suo amore per le api è cominciato quando era bambino. Può raccontarci qualcosa della sua infanzia?
Mio nonno aveva una fabbrica di conserve, e terreni dove coltivava gli alberi da frutto per produrle. Senza le api non avrebbe potuto fare la marmellata: questo cerchio naturale era alla base della sua attività. Lui aveva una casa per le api con 150 alveari dentro. Si recava da loro persino il giorno di Natale, perché diceva che in quell’occasione facevano un “rumore speciale”.
Lui mi ha spiegato il dialogo tra i fiori e le api: sono storie d’amore fra le piante, che non possono abbracciarsi e quindi hanno bisogno di qualcuno che faccia loro da tramite. La gente normalmente non se ne rende conto, anche se adesso nelle serre si devono inserire delle api che svolgano questo lavoro come in fabbrica. È alla base di un terzo di tutto quello che mangiamo.Mio nonno aveva tanti animali, ma i suoi preferiti erano proprio le api. La cooperazione fra i membri di questa grande famiglia che è lo sciame mi ha sempre affascinato, fin da bambino. Mia figlia studia le api a Los Angeles (in California, Stati Uniti, ndr) e ha sposato un ricercatore in quel campo. Il mio nipotino comincia a studiare e vuole lavorare anche lui con le api.
Nel suo libro racconta le vicende di alcuni apicoltori che hanno fatto la storia. Qual è il personaggio che l’ha colpita di più?
Due estremi. Il primo è un apicoltore americano che gira con le sue api attraverso tutto il continente: le ama, però le fa lavorare su scala industriale. Il secondo è Fred Terry, in Arizona, che accetta di lavorare con le cosiddette “api assassine” e deve seguire quello che fanno loro, può controllarle solo minimamente e deve accettare il fatto che hanno una testa loro, che si difendono, e per questo deve prestare ancora più attenzione e portare loro un grande rispetto. Questa contraddizione è ciò che mi ha colpito di più. Anche con le api che non sono aggressive si dovrebbe lavorare nel modo in cui lavora Fred Terry.
È vero che negli Stati Uniti l’agricoltura senza pesticidi è un’utopia?
Si tratta di un’agricoltura “dittatoriale”. Se si vola sopra l’America si vedono tutti questi campi immensi, monocolture dove non si può far altro che impiegare i pesticidi, perché solo nella diversità le piante riescono a difendersi dai parassiti. È il concetto di apicoltura che è sbagliato, con investimenti enormi in queste distese di chilometri e chilometri quadrati di mandorli (monocolture portate all’estremo, dove per evitare che le api si distraggono qualunque altra pianta viene eliminata, ndr). È la contraddizione del successo.
Perché persino il biogas è un nemico per le api?
Non è rinnovabile: parlare di “biogas” è una menzogna. Il gas viene prodotto dalle piante di mais, è vero, ma queste piante sono coltivate con lo stesso metodo di cui parlavamo prima, sotto forma di monocoltura. È questo l’errore. Il mais è una delle coltivazioni più pericolose per le api perché gli erbicidi si trovano all’interno della pianta stessa. Siccome le sovvenzioni sono ingenti per il cosiddetto biogas, però, gli agricoltori hanno interesse nel coltivare ettari su ettari di granturco. Una pratica che non è affatto sana, a differenza della rotazione delle colture.
Cos’è la sindrome dello spopolamento degli alveari e perché rimane avvolta nel mistero?
Non è un mistero: la causa è l’uomo. Il nostro modo di vivere. Prima di tutto quest’agricoltura dittatoriale, che ha bisogno di pesticidi, e poi il modo in cui sono allevate le api, la consanguineità con la quale gli apicoltori tentano di avere api che lavorano molto e non pungono, che naturalmente diventano anche più deboli perché perdono tutta l’aggressività che potrebbe servire anche contro le malattie. È una somma di diversi fattori, ma alla base c’è il nostro successo.
Se penso a com’era l’agricoltura quando ero bambino… Al giorno d’oggi naturalmente dobbiamo nutrire più persone su questo mondo, ma la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ndr) dice che l’unica soluzione per nutrire l’umanità è rappresentata dalle piccole coltivazioni di tipo locale. Quanto cibo produciamo che poi viene sprecato? Perché esiste l’obesità? Non è necessario incrementare la produzione ogni anno. La pandemia ci ha mostrato che forse bisogna percorrere un’altra strada, e che si può essere felici e più sani anche in un altro modo. Sono contento che la gioventù si cominci a ribellare.
L’Apis mellifera si è adattata ai diversi ambienti di lavoro che l’uomo le ha imposto. È in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici?
Le api assassine, cosiddette africanizzate, arrivano molto più a nord adesso in America. In Australia invece ho incontrato un apicoltore che ha inventato le api “usa e getta”: senza neanche una regina, vengono impiegate per l’impollinazione di qualche albero da frutto, e poi bruciate. Questo è un concetto di vita che non accetto, contro cui mi ribello. Come quando si vedono le api nelle serre, che è una cosa tristissima: non ci sono altro che fragole. Se fuggono dalle finestre aperte, poi non riescono più a tornare indietro e devono essere sostituite. È assurdo. Basterebbe che accettassimo di mangiare le fragole soltanto quando sono di stagione.
Il futuro sarà senz’api? Sarà l’uomo a prendere il loro posto?
Mio figlio mi ha raccontato che i produttori di mandorle hanno inventato dei mandorli capaci di autoimpollinarsi. Ho anche letto che il volume degli oggetti artificiali al mondo è arrivato a superare quello delle risorse naturali. Ma noi dovremmo soltanto lasciare che le api e la natura svolgessero il proprio lavoro.
Qual è il ruolo del cinema nel sensibilizzare le persone?
Io sono rimasto molto stupito dal successo del mio film. È bello vedere che se si racconta qualcosa che riguarda tutti, c’è dell’interesse. Vorrei che il documentario non venisse guardato sul cellulare, perché le api meritano uno schermo più grande, come al festival di Locarno. E speriamo che avvenga l’impollinazione delle idee!
10 curiosità sulla vita delle api
Fonte: Lifegate
IL LIBRO CLASSICO
Maurice Maeterlinck La vita delle api
Dalla prefazione
La vita delle api è uno dei poemi più nobili che abbia scritto la natura. Un poema in cui la rigida morale del dovere e dell’operosità si contempera, senza esserne scossa, con una finezza di sentimento profondo e su cui alita spesso un soffio di impenetrabile mistero. Studiare le api, seguirle nella loro giornata di lavoro incessante e intelligente, nei loro affetti di famiglia e anche nelle loro non infrequenti collere è una delle cose più interessanti. Maurizio Maeterlink, pura anima di poeta, non poteva non essere attratto da questo mondo così speciale e così complesso ed egli, dopo averlo studiato lungamente, ha voluto esaltarlo in un libro ch’è, insieme, opera di lirismo e di volgarizzazione scientifica. Poichè tutto è rigorosamente esatto in queste pagine, non prive, certo, di lacune, ma nelle quali l’osservatore non si è fatto prendere la mano dal poeta.
Scarica il libro: CLICCA QUI
IL LIBRO DI TESTO
Focus natura green - Educazione ambientale e sviluppo sostenibile, Leopardi, Bubani, Marcaccio, Gabaglio – DeA Scuola, 2017
Biodiversità: un gioco di squadra, pag.46 e 47
I servizi ecosistemici, pag.52 e 53
ATTUALITA’
Api, l’estinzione è vicina?
Una ricerca lancia l’allarme: dal 1990 scomparso un quarto delle specie. Thomas Vonmetz (Associazione Apicoltori): "Nel 2020 prodotto tra l'80 e il 90% di miele in meno".
di Elisa Brunelli
Un ronzio sempre più flebile, alveari sempre più vuoti. Una ricerca pubblicata su One Earth e che analizza i dati disponibili su Global Biodiversity Information Facility - contenente 300 anni di dati relativi alla biodiversità - mette in guardia: dal 2006 al 2015 un quarto delle oltre 20.000 specie di api conosciute è scomparsa rispetto ai dati risalenti al 1990. La percentuale varia a seconda della specie presa in considerazione: l’Halictidae, una delle varietà più comuni e nota anche come “ape del sudore”, è diminuita del 17%; per una più rara, la Melittidae, il crollo è del 41%.
Il possibile declino delle api selvatiche e le potenziali conseguenze destano non poche preoccupazioni. Gli insetti impollinatori svolgono un ruolo cruciale per la riproduzione di centinaia di migliaia di specie di piante selvatiche, essendo i principali vettori per il trasferimento del polline. Si stima inoltre che l’85% delle colture alimentari del mondo dipendano da loro.
Sebbene la natura eterogenea, i potenziali errori di raccolta e la comunicazione dei dati debba spingerci ad interpretare con cautela questi risultati, premettono i ricercatori, è indiscutibile la necessità di mettere in campo azioni rapide per evitare il tramonto definitivo degli impollinatori.
Le cause del declino individuate sono strettamente correlate al fenomeno della globalizzazione che comporta la massiccia conversione dei terreni per le monoculture, l’urbanizzazione, la cementificazione selvaggia e i diversi altri utilizzi intensivi del suolo su larga scala.
Nonostante questo studio ponga il focus soprattutto sulle specie di api selvatiche, la situazione di quelle mellifere, allevate appositamente dagli apicoltori per la produzione di miele, non è migliore.
Gli apicoltori svolgono un ruolo fondamentale per la tutela e la riproduzione della specie ma le tecniche che abbiamo appreso in tutti questi anni non bastano più
“Il 2020 è stato un anno drammatico, abbiamo registrato un crollo della produzione di miele che oscilla tra l'80 e il 90 percento - rivela a salto.bz Thomas Vonmetz, vicepresidente dell’Associazione Apicoltori altoatesina -. In media abbiamo smielato una o due volte l’anno. Ciò è dovuto alla scarsità di nettare che le api riescono a reperire e che usano principalmente per sopravvivere. Le cause di questa pessima annata e del generale declino - aggiunge - sono principalmente tre. In primis abbiamo registrato un aumento degli eventi climatici estremi, che 30-40 anni fa non si verificavano, e che compromettono la raccolta del nettare da parte delle api; poi c'è da considerare la diminuzione della biodiversità a causa delle monoculture e della cementificazione e questo, assieme al massiccio utilizzo dei pesticidi che minano la salute dell’ape, costituisce il problema principale: la natura porta con sé un equilibrio molto delicato, la scomparsa di un fiore implica quella dell’insetto che a sua volta porta alla sparizione dell'uccello. Gli habitat naturali devono essere tutelati”.
Le responsabilità però, specifica Vonmetz, non sono solo degli agricoltori: “Sebbene da Salorno in su il problema derivante dagli ettari ed ettari di terreno adibiti alla monocultura della mela sia più che tangibile, tutti potrebbero collaborare. Il privato vuole il giardino curato, ma il prato e le pietre non producono nettare: vanno aumentate le aree floreali e la loro varietà. Gli apicoltori svolgono un ruolo fondamentale per la tutela e la riproduzione della specie ma - conclude - le tecniche che abbiamo appreso in tutti questi anni non bastano più. Tutti devono fare la loro parte”.
Fonte: Salto Bz 08.02.2021
Aggiungi commento