documentario, Italia 2019, 83’, colore
regia: Alessandro Rossi e Michele Mellara

Premio del pubblico - Biografilm Festival, Bologna 2019

Testimonianze: Fiorella Belpoggi,  Morando Soffritti, Philip J. Landrigan, Donata Carretti, Pasquale Chieco


Maltoni è stato un gigante nel fornire le basi scientifiche per la regolamentazione delle condizioni pericolose per la salute derivanti dal lavoro e dall’ambiente, in particolare per quelle che causano il cancro”.
JOHN C. BAILAR III - MD, Ph.D. Università di Chicago, da un intervento sul “New York Times

Cesare Maltoni (1930 - 2001), oncologo nato a Faenza e ricercatore sul cancro di fama mondiale, è stato uno dei più brillanti scienziati del Novecento, pioniere nell’ambito della cancerogenesi ambientale e industriale, della prevenzione oncologica , della chemio prevenzione, ma soprattutto un uomo eccezionale che ha lottato per la difesa della salute pubblica e dell'ambiente con tutte le sue straordinarie capacità, salvando così tantissime vite.


"Difficile pensare che un documentario dedicato a un dottore bolognese possa interessare al di fuori di quel contesto cittadino. Ancor più arduo immaginare che un lavoro incentrato su studi citologici e oncologici, risultati di laboratorio e complesse ricerche sulle cavie, possa diventare una narrazione coinvolgente, appassionante e, a tratti, anche divertente.
Questo piccolo miracolo è invece ciò che hanno fatto, invece, Alessandro Rossi e Michele Mellara con il loro "Vivere, che rischio", omaggio alla carriera e al talento di Cesare Maltoni, fondatore dell’Istituto Ramazzini e ricercatore sul cancro di fama mondiale, morto nel lontano 2001.
La "sua" voce narra, notevoli immagini di repertorio illustrano, originali animazioni e trovate sceniche rendono la visione una piacevole scoperta: a chi dobbiamo dire grazie se oggi la prevenzione dei tumori ha fatto enormi passi avanti? E chi ha scoperto la pericolosità del benzene, dell'amianto e non solo? Impossibile determinare un numero di vite salvate dalle intuizioni e dalle ricerche di Maltoni, doveroso omaggiarlo e meraviglioso farlo con un lavoro così riuscito.
Da vedere e far vedere".

CARLO GRISERI - cinemaitaliano.info





Di certo Cesare Maltoni è stato uno dei più brillanti scienziati di questo secolo: un pioniere nell’ambito della cancerogenesi ambientale e industriale, della prevenzione oncologica, della chemio prevenzione. Un uomo di scienza noto in tutto il mondo e dalle cui ricerche si è stabilita una prassi e una metodologia scientifica ancora oggi insuperata.
Di certo Cesare Maltoni è stato anche un uomo difficile e scomodo e questo, nei lunghi anni del suo incessante lavoro, ha fatto sì che venisse isolato, marginalizzato e, dopo la morte nel 2001, in parte dimenticato. Ma se Cesare Maltoni non avesse portato avanti le sue ricerche sulle sostanze potenzialmente cancerogene e se, nei lunghi 40 anni di lavoro incessante suo e del suo team di biologi, non avesse diffuso con caparbietà gli allarmanti esiti dei suoi studi, vivremmo in un mondo ancora più inquinato, pericoloso per la nostra salute e avremmo molta meno consapevolezza di come l'industria, la chimica, il nostro modello industriale in genere, danneggino la nostra vita.

Cesare Maltoni, il precursore dimenticato, lo scienziato in precario equilibrio fra potere e libertà della ricerca, il comunista interessato a una sanità per tutti e a una scienza al servizio della comunità, l'egocentrico che si nasconde dietro la grandezza delle sue opere, dei suoi risultati, fino a scomparire per lasciare che queste parlino per lui.

Nei primi anni Sessanta, quando la lotta contro i tumori era pionieristica, comprese che la prevenzione era l'arma più forte per sconfiggere il Male del Secolo. Con l'aiuto del PCI che governava Bologna, lanciò la prima campagna italiana (e tra le prime in Europa e nel Mondo) di screening di massa sulle donne di Bologna e provincia per la prevenzione del tumore alla cervice dell'utero. Fu una campagna memorabile per risultati ottenuti e per numero di donne coinvolte, mai nessuna iniziativa del genere in Europa era riuscita a monitorare così tanti pazienti. Un successo sullo scenario internazionale che fece subito scuola. Un modello di depistage citologico che da allora ha consentitodi ridurre l'incidenza di quel tipo di tumore limitando anche la necessità dell'invasivo intervento chirurgico.
Dopo quel primo entusiasmante successo, Maltoni dedicò l'interessante sua attività professionale e la sua stessa vita alla diffusione del concetto di prevenzione primaria, ossia ridurre  l'immissione di sostanze cancerogene nell'ambiente per evitare lo svilupparsi di tumori invece che concentrare risorse e ricerca su chemioterapia e chirurgia. E già questo lo penalizzò perché i chirurghi erano e sono più affascinanti, più attrattivi, più eroici di un gruppo di biologici che passa giornate intere a guardare vetrini nel microscopio. Questo infatti era il metodo di Maltoni: la citologia sperimentale, ossia lo studio metodico di centinaia di migliaia divetrini alla ricerca di tracce di neoplasie.

Negli anni Settanta inventò una struttura di ricerca innovativa per metodi, autonomia operativa e collocazione: il Bentivoglio Project. I laboratori del Castello di Bentivoglio in provincia di Bologna che ancora ospita l'istituto Ramazzini, da subito si segnalarono nel mondo della ricerca cancerologica per il rigore del metodo scientifico, per l'indipendenza dei risultati e per la capacità di costruire una rete internazionale. I saggi di cancerogenicità a lungo termine del laboratorio di Cesare Maltoni hanno riguardato circa 200 sostanze presenti nell’ambiente di lavoro e in generale nelle società industriali e questo non è certo piaciuto alla grande industria che ben presto iniziò a cercare di boicottare o indirizzare le sue ricerche.

E’ stato il primo a dimostrare che il cloruro di vinile è un agente cancerogeno sia per l’animale che per l’uomo e causa, fra gli altri tumori, l’angiosarcoma del fegato. Questa scoperta lo rese famoso a livello internazionale e quasi gli valse il premio Nobel. Il cloruro di vinile veniva usato massicciamente e senza protezioni ma dopo la minuziosa e capillare diffusione dei  risultati della ricerca del Ramazzini, l'industria petrolchimica fu costretta ad abbassare l'esposizione degli operai da 500 ppm a 1ppm. Da quel primo inatteso risultato l'industria, impreparata, si dotò dei suoi propri laboratori di ricerca per poter guidare meglio gli esiti delle indagini sulle sostanze.
Ma Maltoni non abbandonò la battaglia per un mondo più pulito e un'industria più attenta alla salute dei cittadini. Dopo il cloruro di vinile si dedicò allo studio dei carburanti e dei detonanti. Fu il primo a dimostrare che il benzene è una sostanza cancerogena multipotente e che la formaldeide provoca leucemie. Dimostrò inoltre che l'MTBE, usato nella benzina “verde” come detonante, era un cancerogeno pericolosissimo e che quindi la pulizia promessa dall'industria automobilistica era solo di facciata. Mentre il mondo era sotto shock per il disastro di Chernobyl, Maltoni studiò le radiazioni e le onde non ionizzanti, e prima che risorgesse un diffuso bisogno di ritornare a cibi più sani, indagò il glifosato (erbicida diffusissimo) e l'aspartame (dolcificante molto usato), trovandoli entrambi cancerogeni.

Cesare Maltoni dedicò importanti campagne di prevenzione alla lotta contro il fumo e soprattutto alla difesa di un'alimentazione sana e stili di vita sostenibili per l'ambiente. Fu un precursore della  critica allo sviluppo e del ritorno al biologico. Utilizzava ogni possibile platea, ogni palco, per ripetere il suo messaggio: “Attenzione, riportiamo l'industria e la società dei consumi a un livello più accettabile per l'ambiente e la nostra salute”. L'indipendenza delle sue ricerche, il suo orientamento politico, il suo carattere burbero e irascibile, la sua intransigenza morale, nel tempo lo isolarono. L'industria lo vedeva come un nemico inattaccabile, la politica, dopo la brillante fase iniziale col PCI, lo considerava incontrollabile, l'università gli era ostile perché conduceva ricerche al di fuori dell'accademia, e gli stessi Ospedali di Bologna (dove Maltoni era primario di Oncologia), tutto sommato, lo consideravano più come un fastidio  che come una risorsa. Chi non lo abbandonò mai furono i suoi biologi e collaboratori e soprattutto le migliaia di pazienti curati nei suoi poliambulatori oncologici, le centinaia di migliaia  di donne che ogni anno si sottoponevano agli screening, i volontari e i sostenitori dell'Istituto di Ricerca Ramazzini da lui fondato. La sua capacità di parlare alla gente comune lo  ripagò con l'affetto che quella stessa gente gli riconosceva. Prima di morire di infarto all'età di settant’anni fece in tempo ad avviare un altro progetto pionieristico, il primo Hospice per le cure palliative in Italia, l'Hospice Seragnoli, che fu completato dopo la sua morte e che è ancora attivo a pochi chilometri dal Castello di Bentivoglio, vicino a Bologna.

Morì con un mondo sempre più sul limite del collasso ecologico, con il concetto di prevenzione sempre più accantonato da politica e sanità, ma ha lasciato un'eredità profonda nel  pensiero scientifico e nel metodo di ricerca e di certo ha contribuito non poco alla presa di coscienza collettiva rispetto ai rischi ambientali che il nostro modo di vivere ha creato. Cesare Maltoni di Faenza, più conosciuto negli Stati Uniti che in Italia, merita di essere raccontato e le sue parole, le sue battaglie, sono oggi più necessarie che mai.

MICHELE MELLARA e ALESSANDRO ROSSI - registi di "Vivere, che rischio"